Un Tuffo nella leggenda, i Cenotes Messicani (parte II)

Il “tuffo” nel passato è stato salutare e questi quattro giorni di wash-out hanno contribuito a ristabilire le dovute dimensioni, restituendo a tutto il resto la propria indiscussa ed intatta bellezza.

Riacquistato l’equilibrio ci siamo apprestati a riprendere le esplorazioni dei cenotes affrontando un’altra “pietra miliare”, il secondo in ordine di notorietà, il mitico “Dos Ojos”, “Due Occhi” poiché a circa un Km. in linea retta dall’entrata principale è situata un’altra apertura, più piccola, un po’ più alta e parzialmente occlusa da rami e tronchi caduti, anch’essa dovuta al parziale cedimento di una volta della galleria.

Esplorato per oltre18 Km. nel senso della direzione principale, esso è un vero dedalo di cunicoli e gallerie che si diramano invitanti in ogni direzione.

Raggiungere il Dos Ojos è piuttosto impegnativo, essendo situato nel bel mezzo della fitta giungla ed il cui unico contatto con la “highway”, la strada statale che segue tutta la costa e collega tra loro Cancun, Puerto Morelos, Playa del Carmen, Puerto Aventuras, Tulum etc., consiste in un accidentatissimo passaggio ricavato tra la folta e lussureggiante vegetazione che, tra l’altro, da parte sua si impegna non poco nell’intento di farlo definitivamente sparire celandolo alla vista!

Per percorrere i circa due Km. di distanza che separano il cenote dalla statale ci si impiega oltre un’ora e certo non per colpa dell’originale mezzo messo a nostra disposizione dal diving “custode” del cenote, il “Divers of the Hidden Worlds” gestito da Rohn Bayes.

Quest’ultimo, contrariamente al Cedam, è perfettamente amalgamato nella realtà tipicamente messicana e, pur risultando altrettanto professionale almeno per quel che riguarda la parte strettamente tecnica (abbiamo sempre indossato attrezzatura ridondante in ogni immersione effettuata), a noi di indole latina sono risultati subito molto più simpatici.

Giunti infine (dopo aver anche percorso più di 300 mt. a piedi nella giungla con tutta l’attrezzatura subacquea e fotografica al seguito) all’ingresso principale del cenote, ci si è parata davanti una scena di incomparabile bellezza e di notevole impatto: un buco ovoidale lungo all’incirca 20-25 mt. e largo più o meno 10 mt. nella parte più ampia, scuro per la penombra del sottobosco e della volta della galleria parzialmente crollata, ma con un’acqua così cristallina che mai ci era capitato di vedere in precedenza.

Prima di prepararci per l’immersione Josè, la nostra guida, ci ha avvertito che il Dos Ojos è molto più stretto ed angusto del Nohoch, per cui occorre molta attenzione ed un assetto perfetto sia per non sollevare sedimenti che impedirebbero ogni visibilità, sia, soprattutto, per evitare di urtare e danneggiare le delicate formazioni calcaree che costellano numerosissime il lungo tragitto, ed infine ha terminato il briefing con una domanda rivolta per metà in inglese e per metà in spagnolo che ci lasciati un attimo perplessi poiché al momento non capivamo cosa intendesse: “come state nella vostra mente?”  C’è voluto un po’ per capire cosa intendesse sapere, ma è stato tutto molto chiaro quando, percependo il fatto che non capivamo, ha aggiunto, sempre nel medesimo idioma: “Vedete, se voi non siete assolutamente sicuri di voler andare lì sotto è meglio che rinunciate qui e subito,  può essere molto pericoloso trovarsi dentro con gente che si fa prendere dal panico!”.

Solo dopo che gli abbiamo assicurato che in pratica eravamo venuti in Messico proprio per i cenotes e che ne avevamo già visitato altri in precedenza, ha acconsentito ad accompagnarci in acqua.  Oltrepassato un passaggio basso e lungo ci siamo trovati finalmente all’interno e quel che abbiamo vissuto negli 85 minuti successivi non vi sono parole per descriverlo adeguatamente: stretti cunicoli pieni di anfratti e passaggi laterali intervallati da ampie camere dalla volta molto alta, radici di ogni tipo che, bucando il terreno, dall’alto si tuffavano nell’acqua limpidissima, stalattiti e stalagmiti di ogni forma e dimensione, solitarie o in gruppo, si stagliavano dappertutto….

Approssimativamente all’andata, fino allo sbocco superficiale secondario, abbiamo percorso quasi due Km. e mezzo sempre seguendo il filo di Arianna, ma il ritorno è stato molto più breve perché ad un certo punto, evidentemente senza neanche accorgercene, siamo passati per una scorciatoia e non abbiamo mai incrociato anima viva; la profondità massima toccata è stata 21 mt., ma oltre i 16 e per un paio di mt. l’alloclino (il passaggio dallo strato di acqua dolce superiore a quello di acqua salata sottostante) rendeva la vista tanto sfocata da non riuscire nemmeno a leggere gli strumenti.

Al termine avevamo ancora circa 60 bar d’aria, ma Josè non ne ha voluto sapere di rimanere ancora un po’ e quindi, sebbene con grande rammarico, siamo tornati alla luce con una promessa: torneremo nello Yucatan con una cinepresa perché né le foto né le parole possono essere sufficienti a descrivere queste “atmosfere”…

Cenotes aperti al pubblico

L’elenco dei cenotes nei quali vengono normalmente organizzate escursioni dai vari diving locali è alquanto vasto, di seguito citeremo i più famosi e più facilmente raggiungibili oltre ai 5 già descritti in precedenza:

  • Car Wash
  • Azul
  • Linda
  • Mayan Blue
  • Temple of Doom

Consigli di viaggio

 

Recarsi nello Yucatan non è difficile; sul web si trovano diverse offerte di vol charter per Cancun da dove, con un taxi o con un’auto presa a nolo (sono facilmente reperibili ottime auto con cambio automatico ed aria condizionata a costi decisamente abbordabili) si può facilmente raggiungere, percorrendo la highway 307, Puerto Morelos (40 Km.), Playa del Carmen (60 Km.) o, meglio ancora, Puerto Aventuras (80 Km.), ottima base di partenza per visitare la maggior parte dei cenotes della zona.

Giunti in loco l’alloggio non è mai un problema, vista l’ampia disponibilità di sistemazioni di ogni tipo; certo, affidarsi completamente ad un Tour Operator renderebbe tutto ancor più semplice, ma questo dipende ovviamente dalla propria disponibilità economica e dalla propensione individuale all’avventura.

La corrente è alternata, 110 volts, 50 periodi al secondo e la maggior parte delle prese sono di tipo americano.

Per recarsi in Messico non occorre sottoporsi ad alcuna profilassi specifica poiché non vi sono pericolose patologie endemiche, ma dotarsi di repellenti per zanzare è doveroso in quanto lungo la costa i famigerati “mosquitos” impazzano soprattutto al tramonto.

Scorazzare da soli o in compagnia è possibile a qualsiasi ora del giorno e della notte per tutto lo Yucatan, perché è un’area tranquilla che vive di turismo ed il turista, se bene educato, è ovunque molto rispettato, ma è sempre bene evitare di litigare con i locali, si potrebbe incappare nell’eccezione  che conferma la regola.

Nello Yucatan il clima è mite tutto l’anno; nel periodo novembre–maggio (noi ci siamo stati in febbraio/marzo) le piogge sono scarse, ma notte e giorno soffia un venticello teso molto fastidioso (non certo per i velisti) che increspa le onde e rende la visibilità sotto costa abbastanza scarsa; a Cozumel, che dista12 Km. dalla costa, il “Palancar Reef” è sempre ridossato e quindi è possibile effettuare ottime immersioni anche perché sia la visibilità che la vita marina sono veramente eccezionali!

Da non trascurare, poi, le magnifiche rovine precolombiane di Chichén Itzà, Uxmal, Tulum e Cobà, dove vi è la più alta piramide del centro-america, anche perché sarebbe un vero peccato recarsi fin là e non vedere queste maestose vestigia del passato sottratte all’abbraccio della giungla.

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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