I primi passi della subacquea: SBAGLIANDO SI IMPARA… seconda parte

Durante la discesa

Discesa 2Spesso la discesa rappresenta un momento di difficoltà per i neofiti non ancora consci di dover espirare; se indossiamo la giusta quantità di zavorra, inoltre, il fatto di muovere le gambe continuamente ci impedirà di iniziare una lenta e regolare discesa.

Troppo spesso accade che si decida di aggiungere ulteriore peso anziché di ricorrere alla calma, di mantenersi fermi in posizione eretta e di espirare lentamente e profondamente.

Chili in più provocheranno una discesa troppo rapida, con possibili difficoltà di compensazione e la necessità di tenere il GAV eccessivamente gonfio in profondità, ottenendo una ridotta idrodinamicità ed una maggior difficoltà di controllo. (http://sergiodiscepolo.altervista.org/i-barotraumi-e-la-discesa-parte-i/

L’assetto neutro

AssettoUna delle abilità più difficili da acquisire è sicuramente il raggiungimento di un assetto neutro durante tutte le fasi dell’immersione.

Agli inizi ci si troverà in continua lotta con il GAV, pretendendo di modificare il livello di profondità ed il proprio assetto continuando ad immettere o togliere l’aria dal suo interno senza considerare un altro fondamentale sistema di regolazione che è rappresentato dal nostro volume polmonare.

Se la pesata è corretta, non dovrebbe essere necessario gonfiare il jacket nei primi metri di profondità, ma solo successivamente, per poter compensare lo schiacciamento della muta, evitando così di piombare sul fondo, a tutto scapito della visibilità e dell’habitat sommerso.

In ogni caso l’aggiunta di aria deve essere graduale senza dimenticare che in acqua le reazioni sono ritardate, quindi è necessario anticipare tutte le nostre azioni atte a compensare le variazioni di pressione ed attendere poi alcuni istanti per verificare che esse abbiano avuto un qualche effetto.

Piccole variazioni di quota si otterranno invece semplicemente regolando la quantità d’aria contenuta nei propri polmoni.

Anche la posizione della testa influisce sulla nostra direzione: se le pinne sono il motore, la testa è il timone: guardando in alto ed inarcando la schiena si tende a salire, in basso ovviamente a scendere.

Se invece la pesata è scorretta (in genere ci si concede qualche chilo di troppo per facilitare la discesa), sarà praticamente impossibile stabilire poi un buon assetto: la necessità di immettere una eccessiva quantità di aria nel GAV per compensare gli abbondanti chili renderà poi molto più difficoltosa la sua regolazione nelle variazioni di quota, in quanto il volume d’aria da gestire cambierà troppo anche durante lievi sbalzi di profondità e quindi sarà proprio in questo caso che ci ritroveremo impegnati in un continuo via vai di gonfia/sgonfia. http://sergiodiscepolo.altervista.org/il-controllo-dellassetto-parte-i/

Nella fase di risalita

Per i motivi appena esposti, se pur durante la permanenza sul fondo si è riusciti bene o male a mantenere la quota, appena iniziata la risalita l’aria contenuta nel GAV comincerà ad espandersi ed ecco che, invece di eseguire una lenta e controllata ascesa, si verrà trascinati verso la superficie con notevoli difficoltà a mantenere il giusto controllo.

L’unico sistema per evitare ciò è prevenire le reazioni ed iniziare a sgonfiare il jacket prima ancora di intraprendere le primissime fasi della risalita, mantenendo il corrugato in mano così da poter scaricare subito l’aria in eccesso all’occorrenza.

Uno degli errori più comunemente commessi, oltre a non emettere l’aria in lieve anticipo, è quello di non mantenersi eretti, con il corrugato opportunamente tenuto verso l’alto, posizione indispensabile affinché l’aria esca al nostro comando.

Se ci si accorge di star iniziando a salire indipendentemente dalla nostra volontà, mentre magari si è ancora nella posizione di nuoto, l’azione più efficace da compiere sarà quella di tirare il cordoncino della valvola di scarico rapida che, data la sua posizione, permetterà l’immediata fuoriuscita di aria in ogni posizione.

Per questo è bene avere familiarità anche con la localizzazione di questo comando, in modo da poterlo ritrovare ed utilizzare rapidamente in caso di bisogno.

In ogni caso è indispensabile ricordarsi di non trattenere mai il respiro per evitare il rischio più grave cui si può andare incontro quando si risale troppo velocemente: la sovradistensione polmonare.

Dos Ojos 16Finché non si raggiunge un buon controllo dell’assetto è buona norma evitare di effettuare immersioni profonde od impegnative in quanto, poiché non si è ancora in grado di controllare adeguatamente la velocità di risalita e di fermarsi correttamente alla sosta di sicurezza per dar modo all’azoto accumulato di fuoriuscire lentamente, si può andar incontro ad aumentati rischi di MDD.

Ancor più da evitare sono poi, per gli stessi motivi, le immersioni fuori curva che richiedono tappe di decompressione a tre metri, profondità in cui è ancor più impegnativo mantenere la quota, in quanto talvolta può bastare un profondo respiro per ritrovarsi inconsapevolmente in superficie senza aver rispettato i tempi di deco.

La propria posizione in acqua

Un altro difetto facilmente riscontrabile nei subacquei alle prime armi è il modo in cui si muovono e la posizione che assumono una volta sott’acqua.

Non essendo abituati a muoversi in un ambiente ben 800 volte più denso dell’aria, occorre un po’ di tempo prima di acquisire la giusta gestualità necessaria per avanzare senza sforzo e con naturalezza nell’acqua.

Una pinneggiata lenta e ampia è sicuramente molto più efficace di quei rapidi e continui movimenti con le gambe e con le braccia che si è istintivamente portati a compiere.

Questo modo di fare, oltre ad apparire poco elegante, cosa sicuramente di secondaria importanza, comporta però un eccessivo affaticamento ed un aumento del consumo di aria.

Anche l’ostinarsi a procedere in posizione eretta, rimembranza dell’adattamento alla vita terrestre, anziché assumere una ben più comoda posizione idrodinamica, farà andare incontro agli stessi inconvenienti.

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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