I Barotraumi e La Discesa Parte I

Tutti ormai sanno che l’immersione è composta da diverse fasi, ciascuna ugualmente importante ai fini del suo buon andamento.

Qualsiasi subacqueo attento e preparato è ben conscio che, per ridurre al minimo i rischi comunque insiti nell’attività subacquea, prima dell’immersione sarebbe necessario procedere ad un’accorta programmazione, senza la quale ci si può far trovare impreparati di fronte alla comparsa di eventuali imprevisti.

Ma quanti, poi, con il tempo e l’esperienza, mettono in pratica i consigli acquisiti durante i corsi? Quanti di noi ricordano che spesso non è sufficiente limitarsi a pianificare la profondità ed i relativi tempi di permanenza ma che anche la fase della discesa è un momento altrettanto importante delle nostre immersioni, forse non meno di tutti gli altri?

In realtà si è sempre molto discusso, e lo si fa ancora adesso sulla profondità e l’opportunità di effettuare eventuali soste e della relativa appropriata velocità di risalita, ma pochissimo spazio si è finora dedicato alla discesa.

Eppure è proprio in questa fase, accingendoci cioè a passare dal mondo aereo a quello sommerso, ben più denso e freddo, che il nostro fisico (e non solo quello, perché anche la psiche riveste in questo caso un ruolo fondamentale) subisce la maggior parte delle sollecitazioni.

Avete mai fatto caso al fatto che è proprio all’inizio dell’immersione, addirittura ancora in superficie e/o nei primi metri di profondità, che si presenta il maggior numero di difficoltà?

Quasi sempre nulla di particolarmente grave, ma talvolta una pesata insufficiente, un po’ di corrente superficiale, la dimenticanza di un qualche strumento od accessorio o dell’apertura dei rubinetti del gruppo ARA, un GAV troppo stretto o troppo gonfio possono causare affanno ed eccessivo consumo d’aria, così come le difficoltà di compensazione possono sfociare nell’allontanamento dal compagno o dal gruppo…

Attenti ai limiti di velocità!

Piccoli contrattempi iniziali a parte, forse non tutti ricordano che anche la fase della discesa, così come quella della risalita, è regolata da limiti di velocità, che è comunque bene rispettare.

Sarebbe sempre opportuno non superare la velocità di 20-25 metrial minuto, soprattutto nei primi20 metridi profondità, laddove, cioè, si risente maggiormente dello sbalzo pressorio.

Adottare una velocità maggiore può rivelarsi causa di numerosi inconvenienti, quasi tutti da addebitarsi alla troppo rapida compressione cui ci si sottopone.

Questa, infatti, può provocare alterazioni della perfusione (l’assorbimento e la veicolazione) dell’azoto nei tessuti, modificando anche la validità dei calcoli degli algoritmi delle Tabelle o del nostro computer.

In questo caso essi potrebbero non essere più in grado di simulare correttamente ciò che avviene nel nostro organismo.

Una velocità eccessiva potrebbe anche essere causa di ipercapnia (aumentata concentrazione di anidride carbonica in circolo), susseguente ad una troppo rapida compressione alveolare dei gas respirati.

Barotraumi e Compensazione

Sicuramente però, oltre ai già citati inconvenienti, i problemi con cui con maggior probabilità si andrà incontro superando una velocità di discesa normale sono i barotraumi ai tessuti adiacenti agli spazi aerei presenti nel nostro organismo e cioè alla membrana timpanica ed ai seni paranasali.

Fin dal nostro primo approccio con le immersioni, con o senza attrezzatura ARA, sperimentiamo infatti quella fastidiosa sensazione conseguente all’aumento della pressione ambientale sul nostro corpo e poiché nel corso dei primi dieci metri di profondità essa raddoppia, è proprio in questa fase che usualmente si possono verificare questo tipo di problemi.

L’aumento della pressione idrostatica (1 atmosfera per ogni10 metridi acqua di mare) di per sé non e’ affatto dannosa per il nostro organismo; diverse e più o meno recenti ricerche hanno infatti dimostrato che impiegando particolari miscele respiratorie le nostre cellule, essendo composte per la maggior parte di liquidi (i quali, come è noto, sono pressoché incomprimibili), potrebbero sopportare molto bene pressioni anche di 50 e più atmosfere, che equivalgono cioè a circa500 metridi profondità, purché però permanga l’equilibrio fra la pressione ambiente e quella dell’aria contenuta nelle cavità craniche, polmonari e del tubo digerente.

Per creare e mantenere questo equilibrio il subacqueo deve effettuare la cosiddetta “manovra di compensazione”, tendente appunto a compensare l’aumento della pressione idrostatica esterna al corpo con la pressione dei gas contenuti negli spazi aerei dell’organismo (in particolare delle prime vie aeree).

Però talvolta, vuoi per problemi intrinseci (raffreddori, sinusiti, eccessiva sinuosità dei condotti etc.), vuoi per eccessiva velocità di discesa, non si riesce a compensare adeguatamente l’aumento di pressione ed è così che si va incontro al fenomeno del barotrauma.

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About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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