I primi passi della subacquea: SBAGLIANDO SI IMPARA… prima parte

copertina ridLe primissime volte che ci avviciniamo all’attività subacquea già dopo qualche minuto che ci troviamo sott’acqua siamo tentati di guardare con invidia l’istruttore o la guida che riescono a muoversi in questo ambiente così diverso e pieno di fascino con assoluta calma ed eleganza mentre noi, impacciati dalla mole di tutta questa attrezzatura ancora piuttosto sconosciuta, disorientati dalla densità del mezzo e dal trovarsi senza peso, già è tanto se, arrancando dietro il nostro accompagnatore, riusciamo a mantenere una sia pur instabile posizione e a non permettere alla bombola di scegliere per noi la direzione in cui, poco dignitosamente, rotolare.

Affascinata da questo magico mondo, comunque, la stragrande maggioranza di chi prova per la prima volta un’immersione con l’ARA non si arrende alle prime difficoltà e decide di ripetere l’esperienza frequentando un corso di primo livello.

Ben presto eccoci dunque alle prese con le lezioni teoriche e gli audiovisivi che ci svelano, almeno a grandi linee, cause e motivi delle differenze tra mondo acquatico e terrestre, gli inconvenienti fisici e fisiologici della respirazione di aria sotto pressione e naturalmente gli scopi ed il corretto impiego dell’attrezzatura ed infine quindi, di nuovo con le bombole in spalla, ci ritroviamo ad affrontare strani ma semplici esercizi che ci permettono, con il valido aiuto e la necessaria supervisione di un paziente istruttore, di muoverci man mano con sempre minori impacci e difficoltà tra le meraviglie del mondo sommerso.

Se fino a non molti anni fa l’idea che chiunque, purché in buone condizioni psico-fisiche e dopo appena pochi giorni di addestramento potesse essere in grado di “affrontare” il mondo sommerso (sia pur con dei ben determinati limiti e non solo inerenti alla profondità) risultava per molti alquanto inaccettabile, ebbene costoro si son dovuti man mano ricredere poiché la tecnologia oggigiorno ci ha messo a disposizione attrezzature di una semplicità e sicurezza d’impiego tali da rendere possibile il raggiungimento di questo obiettivo, favoriti in questo compito dalle attuali metodiche di insegnamento modulari “step by step” che rendono la subacquea materia facilmente comprensibile a tutti.

Tutto ciò però rimane valido solo se si tiene ben presente che una settimana di corso non può comunque fare di noi dei subacquei esperti e che solo le successive immersioni, se condotte a stretto contatto con una persona competente e qualificata, o la frequenza di corsi avanzati ci permetteranno poi, pian piano, di raggiungere buoni livelli di esperienza.

Così come spesso accade quando si intraprende qualsiasi nuova attività, anche nella subacquea agli inizi si incontrano alcune piccole difficoltà, quasi tutte più che altro relative al fatto che ci si ritrova in un ambiente completamente diverso da quello al quale siamo normalmente abituati.

Questi intralci, in genere abbastanza comuni a tutti i neo-brevettati, si risolvono da soli agevolmente nel corso di qualche immersione ed ancor più facilmente vengono eliminati se si ha l’accortezza di ascoltare e mettere in pratica i consigli di chi questi impedimenti li ha già da tempo vissuti e superati.

Analizziamo insieme brevemente quali possono essere gli ostacoli che più frequentemente si incontrano agli inizi dell’attività subacquea.

Assemblaggio dell’attrezzatura e vestizione

attrrezz.Quando intercorre un po’ di tempo tra la data del brevetto e le successive prime immersioni, può sorgere qualche dubbio sul corretto posizionamento degli elementi che compongono il gruppo ARA, soprattutto se l’attrezzatura non è propria ma presa a nolo e quindi talvolta di modello diverso da quella utilizzata in precedenza.

Senza farsi prendere dallo sconforto o, peggio, dall’ansia al pensiero di aver già dimenticato tutto oppure dal timore di non aver capito nulla, basta completare l’operazione con l’assistenza di un compagno più esperto anche una sola volta, perché i ricordi riaffiorino alla mente; unica accortezza, oltre al normale check di controllo della perfetta funzionalità di tutti gli elementi, sarà quella di verificare attentamente i comandi del corrugato del GAV, non solo per identificare il pulsante che gonfia rispetto al suo opposto ed acquisirne la necessaria familiarità, ma anche per determinarne la velocità di carica; alcuni modelli di GAV, infatti, permettono una regolazione più fine della quantità d’aria immessa, a scapito però della velocità con cui l’operazione è portata a termine ed i pulsanti andranno semplicemente premuti più volte o un po’ più a lungo, soprattutto le prime volte, finché non ci si abitua.

Staffe e bracci flessibili per foto e videocamere. http://www.flex-arm.com/

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Non bisogna poi trascurare di osservare il tipo e l’ubicazione delle varie fibbie, allo scopo di facilitare la vestizione, né la posizione della valvola di scarico rapido, indispensabile nel caso si inizi una risalita troppo rapida al termine dell’immersione.

Chi ha frequentato il corso in mari tropicali utilizzando barche di una certa portata per raggiungere il luogo d’immersione, mezzi da cui per accedere all’acqua il “passo da gigante” eseguito con già tutta l’attrezzatura addosso è il sistema di entrata più comodo, potrà provare qualche iniziale disagio nella vestizione in acqua o nella capovolta, metodi più diffusi invece quando ci si immerge da un gommone.

Nel primo caso il trucco consiste nell’aprire bene il GAV posizionando tutte le fruste verso l’esterno e soprattutto nel non tenerlo troppo gonfio mentre ci si siede sul fondo della bombola per infilare le braccia negli spallacci.

In questo modo risulterà più semplice scivolarvi dentro, agguantare il fascione centrale per chiuderselo in vita, sistemare le altre fibbie ed agganciare poi le varie fruste negli appositi fermagli.

Nel fare tutto ciò, è di grande aiuto tenere la maschera sul volto (cosa che ci permetterà di vedere quello che stiamo facendo) e di utilizzare lo snorkel per respirare pur tenendo il volto in acqua.

Per effettuare le prime capovolte sarà sufficiente lasciarsi fiduciosamente scivolare di schiena oltre il bordo del gommone, con l’unica accortezza di tenere le gambe pinnate ben unite, onde evitare di colpire qualche incolpevole compagno di immersione.

La quantità di zavorra

Se una corretta pesata è alla base del raggiungimento di un buon assetto neutro sott’acqua, l’essere in grado di individuare la quantità di pesi adatta a noi ed all’attrezzatura indossata necessita di alcune considerazioni: bisogna, infatti, innanzitutto tener conto del tipo di muta che si indossa, della capacità (10, 15 lt. o altro) e del materiale della bombola utilizzata (acciaio o alluminio), dell’ambiente (acqua dolce o salata) in cui ci si immerge, oltre ad una serie di altri fattori; un’attrezzatura nuova o completamente asciutta, la prima immersione dopo periodo di inattività, ad esempio, richiedono ½ – 1 chilo in più del solito.

Individuati orientativamente il numero di chili necessari, bisognerà comunque poi fare una verifica in acqua: con una corretta pesata, infatti, occorrerà opportunamente sgonfiare, oltre al GAV, anche i propri polmoni con una profonda espirazione per poter iniziare la discesa.

Da non trascurare, infine, un buon posizionamento dei piombi per evitare di farci sbilanciare una volta immersi. (per saperne di più: http://sergiodiscepolo.altervista.org/il-controllo-dellassetto-parte-iii/

Continua…

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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