PAESE CHE VAI, USANZE CHE TROVI Parte II

La logistica può fare la differenza

Differenze di abitudini si possono poi riscontrare soprattutto nella fase di preparazione all’immersione, dall’estrema comodità di trovare già le bombole a bordo grazie all’aiuto di manovalanza locale (Maldive, Egitto, Kenia) alla necessità di provvedere da sé al trasporto di tutto l’occorrente.

Molto comunque dipende dall’organizzazione del diving, che varia non tanto da Paese a Paese, quanto proprio dal tipo di gestione e filosofia del Centro cui ci si appoggia.

Un po’ differente può invece essere un’immersione condotta nelle pass maldiviane o in luoghi come alcune zone del Mar Rosso, Caraibi, Kenia, Thailandia, Indonesia, dove la presenza di correnti a volte veramente di notevole entità richiede una buona coordinazione di tutto il gruppo durante le varie fasi dell’immersione.

Particolare attenzione, in questi casi, deve essere posta dal capitano dell’imbarcazione che, invece di ancorare, deve necessariamente seguire le bolle dei sub ed essere pronto ad intervenire nel caso un partecipante riemerga lontano dal gruppo.

Un altro tipo di immersione un po’ particolare che viene condotta in molte zone del Sinai come Dahab, Nabq e Nuweiba è la “camel dive”, dove il mezzo utilizzato per raggiungere i luoghi d’immersione non è la barca o la jeep, bensì il cammello il quale, oltre a caricarsi dell’escursionista di turno, provvederà anche al trasporto delle attrezzature: due bombole appese ai fianchi, lo zaino in sella, la cintura dei pesi legata al collo… forse non troppo rapido come mezzo di trasporto, ma sicuramente esotico ed inconsueto!

Brevetti e documenti

Ovunque è divenuto ormai indispensabile il possesso di un brevetto per poter partecipare alle escursioni subacquee e sempre più diffusa è inoltre la richiesta di esibire il proprio loog-book, documento che attesta l’esperienza subacquea personale ed il tempo trascorso dall’ultima immersione effettuata.

Ad ogni partecipante viene inoltre fatta firmare una discarica di responsabilità cui viene spesso accluso una sorta di regolamento interno del Diving, in cui vengono specificate eventuali leggi locali vigenti o procedure particolari, piuttosto che l’auto-certificazione di essere in buono stato di salute.

Solo in alcuni centri viene richiesto di esibire un certificato medico che attesti l’idoneità all’attività subacquea per poter partecipare alle immersioni, mentre invece è necessario nel caso si intenda frequentare un corso, soprattutto se di primo livello.

Un’altra abitudine che ha preso piede è quella della”check dive”; essa consiste semplicemente nel fatto che la prima immersione effettuata in un nuovo centro (soprattutto se si possiede un brevetto di primo livello o se è passato un po’ di tempo dall’ultima immersione) sia condotta in una zona non eccessivamente profonda e non in corrente, in modo da risultare di facile esecuzione.

Questo ha il duplice vantaggio di permettere al partecipante di riprendere confidenza con l’ambiente sommerso in una situazione controllata e di effettuare, se necessita, la pesata oltre che permettere all’accompagnatore di valutare le reali abilità del soggetto, in modo da poter poi programmare le successive immersioni entro i limiti delle sue capacità, così da rendere ancor più sicura, tranquilla e divertente l’attività subacquea.

Questa immersione non comporta il dover eseguire degli esercizi programmati, se non ovviamente un corretto mantenimento dell’assetto, in quanto la presentazione del brevetto è in genere prova sufficiente dell’esperienza.

Comunicare sott’acqua nel mondo

I segnali manuali che si apprendono durante il primo corso subacqueo di qualsiasi didattica hanno per nostra fortuna una valenza internazionale, nel senso che ovunque nel mondo sono praticamente gli stessi e ci permettono così di comunicare altrettanto bene con una guida o un compagno egiziano piuttosto che tedesco o filippino.

Prima di immergersi con un nuovo gruppo, comunque, è sempre bene verificare alcuni segnali, in quanto talvolta vi possono essere delle piccole ma significative differenze per quel che riguarda, ad esempio, la quantità d’aria rimasta nella bombola.

In tutti i centri viene richiesto di segnalare l’entrata in riserva (in genere stabilita dal raggiungimento dei 50 bar), ma questa informazione può essere comunicata in diversi modi: portando il pugno chiuso al petto piuttosto che di lato alla testa, facendo un 5 con le dita della mano aperta, indicando semplicemente il manometro, oppure imitando il gesto di “aprire la riserva” come quando non era ancora in voga l’uso del manometro.

In alcuni luoghi è invece abitudine richiedere la segnalazione del raggiungimento dei 100 bar (metà bombola), informazione utile alla guida per decidere quando è il momento di incominciare a dirigersi verso la barca e questo viene fatto ponendo le due mani in modo da formare una T (stesso segnale del time out utilizzato anche in molti altri sport).

Numerosi poi sono i segnali non codificati ma facilmente comprensibili che permettono di indicare un particolare abitante marino, come ad esempio mettere la mano sulla testa con le dita rivolte verso l’alto per significare squalo, le dita che si aprono e chiudono quasi a mimare un morso per murena o barracuda, le dita aperte in movimento per lo pteroides volitans, una mano sopra l’altra con i pollici che si muovono per la tartaruga.

A tutti questi segnali noi italiani siamo poi soliti aggiungerne un’ampia serie, abituati come siamo, molto più di altri popoli, a comunicare anche gesticolando, tant’è che ormai in molti luoghi anche questi segni tipicamente nostrani vengono ben capiti ed interpretati!

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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