MAL DI SCHIENA? NO, GRAZIE! (Prima Parte)

Mal di schiena home

Nel corso degli anni la mia compagna ed io abbiamo avuto occasione di collaborare come istruttori subacquei o medici con diversi diving e villaggi turistici sia in Italia che all’estero.

Il nostro interesse per la medicina subacquea ci ha spinto a prender nota dei problemi di carattere medico occasionalmente lamentati dalle persone con le quali ci siamo di volta in volta immersi.

Tre sono stati gli inconvenienti più frequentemente segnalati: difficoltà di compensazione, mal di mare, disturbi alla colonna vertebrale.

Un’elevata percentuale di subacquei, infatti, (includendo purtroppo talvolta anche noi stessi), hanno lamentato mal di schiena; a volte il fastidio era già presente ancor prima di immergersi, talora invece si è manifestato al termine di una giornata di attività subacquea, generalmente come conseguenza di bruschi o inappropriati movimenti nel corso del sollevamento e trasporto dell’attrezzatura.

Altri ancora, dopo una serie di immersioni, hanno riferito dolore e contrattura muscolare soprattutto al mattino nella fase del risveglio.

Subacquea e mal di schiena sono dunque strettamente correlati?

In realtà tanta, tantissima gente lamenta dolori alla schiena: uomini e donne, giovani ed anziani, sportivi e sedentari, subacquei e non.  Per ognuno la causa scatenante che porta alla comparsa del dolore può avere origini diverse, ma nella maggior parte dei casi essa può essere ricondotta ad un mero fattore meccanico e cioè, in parole povere, alla posizione tenuta dal corpo ed ai gesti quotidiani che ripetutamente compiamo durante lo svolgimento delle nostre occupazioni, dormendo, studiando, guidando, lavorando e perché no, purtroppo anche divertendoci.

Il mal di schiena è diventato un “mal comune” che però stavolta non dà “mezzo gaudio” a nessuno.

Bene o male, è noto che molte nostre abitudini di vita incidono negativamente sullo stato di salute della colonna vertebrale e che invece basterebbero alcuni piccoli accorgimenti per trasformarle in consuetudini che invece la proteggono e rinforzano.  Troppo spesso, tuttavia, la pigrizia è una compagna abituale di tutti noi, talvolta mascherata dalla mancanza di tempo per il ritmo intenso della vita moderna e così, finché il dolore non subentra come compagno di percorso, difficilmente ci si impone di far caso a compiere i gesti giusti e di assumere le corrette posizioni.

1161152120IL DOLORE AL RACHIDE

La struttura portante del nostro corpo si chiama rachide ed é, molto schematicamente, costituita da:

¨    Vertebre e faccette articolari, che servono da sostegno e guidano i movimenti;

¨    Dischi intervertebrali, che fungono da cuscinetti ammortizzatori;

¨    Legamenti, per mantenere uniti ed in posizione dischi e vertebre;

¨    Muscoli, che permettono di compiere i movimenti.

Fra tutte queste strutture, il disco intervertebrale è quello più soggetto ad alterazioni in quanto deputato a sopportare carichi notevoli distribuiti su di una superficie molto limitata. Pertanto, con l’età, esso tende a perdere le capacità ammortizzanti, sia a causa dell’invecchiamento fisiologico che per gli innumerevoli microtraumi cui è sottoposto ogni giorno.  Semplicemente stando in piedi, infatti, su di un disco (considerate le sue piccole dimensioni), gravano circa 100 Kg. mentre quando si solleva un peso di 20 Kg., flettendo la schiena, esso deve sopportare un fardello addirittura di 600 Kg.

Il dolore e la rigidità di una qualsiasi zona del rachide rappresentano le conseguenze più comuni di un’eventuale alterazione a carico di una delle strutture citate in precedenza e sono per lo più provocate da uno stato di infiammazione locale accompagnato da contrattura muscolare.

LE CURE

Una volta sopraggiunti il dolore e la rigidità, quali rimedi abbiamo a disposizione?

Nelle fasi acute si ricorre generalmente a farmaci anti-infiammatori e miorilassanti, che agiscono rispettivamente sullo stato infiammatorio e sulla contrattura muscolare. Queste sostanze danno spesso risultati in tempi brevi, ma anche la loro efficacia in genere è di breve durata, in quanto essi non agiscono sulle cause dell’affezione ma solo sui suoi sintomi.  Inoltre, essi non possono, di norma, essere assunti per lunghi periodi di tempo a causa dei numerosi effetti collaterali (soprattutto a livello gastrico) che possono provocare.

Se ne consiglia quindi l’uso esclusivamente su prescrizione medica.

Attualmente in Farmacia è possibile reperire dei cerotti medicati all’ibuprofene (un noto anti-infiammatorio) da applicare localmente; questa via di somministrazione sembra indurre minori effetti indesiderati.

L’assunzione di un farmaco anti-infiammatorio prima dell’immersione non interferisce, di regola, con l’attività subacquea. Non abbiamo notizie di studi clinici opportunamente condotti in tal senso e concernenti la subacquea ricreativa. Personalmente non abbiamo mai rilevato la comparsa di problemi dopo l’assunzione di questo tipo di farmaci, ma la nostra esperienza si riferisce ad un numero di soggetti non elevatissimo e ad immersioni in genere senza decompressione.

Risultati di media durata possono essere ottenuti (a seconda però del tipo di lesione e della costituzione del soggetto) con trattamenti fisioterapici (ultrasuoni, radar, Marconiterapia) i quali inducono calore ed alleviano così il dolore e/o con massaggi e trazioni che tendono a ridurre la contrattura muscolare.

Anche questo tipo di terapia può essere però controindicata in talune specifiche situazioni, pertanto va praticata solo su consiglio di uno specialista.

Cure alternative sono rappresentate da agopuntura e omeopatia; la loro efficacia può essere notevole ma spesso non prevedibile perché in stretto rapporto con la reazione individuale del soggetto e con il tipo di lesione.

Pertanto, solo un’educazione sanitaria che preveda la difesa ed il controllo della struttura vertebrale può intervenire direttamente sulle cause meccaniche che sono alla base di molti disturbi del rachide e portare a risultati di lunga durata senza reazioni collaterali, in quanto coinvolge ciascuno, in prima persona, ad avere una maggior cura di sé, proteggendo la propria schiena da inutili traumi (appendice 1) e svolgendo esercizi di rilassamento, stiramento e rinforzo muscolare (appendice 2) [entrambe nella seconda parte dell’articolo].

L’Attività Subacquea

mal-di-schiena-medicina-convenzionaleChi pratica l’attività subacquea sa bene che, fuori dall’acqua, questo è spesso uno sport faticoso: il trasporto dell’attrezzatura dall’auto alla riva o dal diving alla barca e viceversa, è sempre un “peso” che si vorrebbe evitare, ed è proprio qui che i problemi di schiena si fanno sentire!

Ma se sostituiamo la parola “oggetto” con quella di “bombola” e “borsa sub” ai consigli generali dell’appendice 1, incominciamo ad scongiurare, se non la fatica, almeno i più comuni microtraumi.

Scegliamo, dunque, di fare più volte il percorso necessario a raggiungere la barca o la riva trasportando meno peso per volta, magari facendosi aiutare dal compagno o suddividendolo in modo da non doversi inclinare su di un lato.  I modi migliori per trasportare la bombola sono appoggiandola su di una spalla o, ancor meglio, assemblando l’attrezzatura ed indossando il GAV sulla schiena.

Anche se il nuoto è una delle attività in assoluto più indicate per prevenire problemi alla schiena (si tonificano i muscoli senza che la colonna sia sottoposta a pressione), il nuotare sott’acqua con l’attrezzatura addosso è leggermente differente, poiché spesso capita di assumere una posizione un po’ arcuata e di per sé controproducente.

Può essere d’aiuto, in questi casi, modificare la posizione dei piombi sulla cintura di zavorra, magari distribuendone un paio anche sul cinghiaggio di aggancio del GAV alla bombola, soprattutto se quest’ultima è di alluminio (come spesso accade nei mari tropicali) e, di conseguenza, più positiva; è bene anche evitare di tenere un piombo sulla schiena proprio al centro della colonna vertebrale: meglio due pesi da ½ Kg. ciascuno posizionati ai lati della cintura, nelle tasche del GAV o, ancor meglio, alle caviglie.

Altre precauzioni utili a prevenire le lombalgie includono: evitare, al termine dell’immersione, di tenere a lungo la muta bagnata addosso (l’umidità, com’è noto, favorisce la comparsa dei dolori) così come pure, quando ci si sposta in gommone, di correre sobbalzando da un’onda all’altra.  Quest’ultima abitudine è quanto di più dannoso e rischioso ci possa essere per la schiena, non solo per i continui microtraumi che essa sicuramente subisce, ma anche talvolta a causa di veri e propri incidenti traumatici di notevole entità (frattura delle vertebre).

Continua…

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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