Immergersi alle varie profondità parte 3

Va da sé che, rimanendo a basse profondità, il rischio di comparsa di sintomi di mdd è piuttosto remoto.

Anche la risalita diventa molto facile e non richiede che un minuto o poco più.

Infatti, sebbene attualmente si consigli una velocità di risalita ridotta a 12 metri al minuto, o anche meno quando ci si trova nei pressi della superficie, ricordiamo che solo fino a poco tempo fa era ritenuto corretto semplicemente non superare i 18 mt. al minuto.

Tenendo comunque giustamente conto delle nuove ed ancor più sicure direttive, in 90’’ è possibile risalire fino alla superficie senza andare incontro ad alcun problema.

In effetti, più volte nella pratica corrente è capitato che durante le prime immersioni in acque libere del corso, i partecipanti che non abbiano ancora preso dimestichezza con l’uso del GAV incorrano, non sgonfiandolo preventivamente prima di iniziare la risalita, nella classica “pallonata”, giungendo in superficie senza alcun controllo della propria velocità anche da una profondità di 12-15 mt.

Sebbene una risalita incontrollata possa comportare una maggior formazione di bolle di azoto nell’organismo, difficilmente in queste situazioni si sono nella realtà verificati casi di sintomi di mdd e l’allievo si ritrova solo a provare un certo senso di disorientamento e di disagio per non essere riuscito a rimanere dove avrebbe dovuto e voluto stare.

Ben diverse, se ci soffermiamo un attimo a pensare, potrebbero essere le conseguenze di un tale comportamento eseguito non in vicinanza della superficie, ma da profondità maggiori.

Sono quindi evidenti i numerosi motivi per cui per poter andare oltre viene richiesto un ulteriore addestramento ed un’esperienza maggiore rispetto a quella che si può ottenere frequentando un corso base.

Gli unici disturbi cui si può andare incontro anche e soprattutto nei primi metri sono invece quelli connessi con l’aumento di pressione cui ci sottoponiamo andando sott’acqua, quindi durante la discesa sono possibili barotraumi all’orecchio e ai seni frontali e paranasali per incapacità o ritardo nella compensazione, o si può verificare il cosiddetto “colpo di ventosa”, conseguenza di una mancata compensazione dell’aria contenuta nella maschera, mentre nella risalita bisogna assolutamente evitare di trattenere il respiro per non andare incontro a quella che, di fatto, è l’unica vera e grave problematica cui possiamo incorrere anche in pochissimi metri: l’EGA (embolia gassosa arteriosa) dovuta alla sovradistensione polmonare.

Queste affezioni sono più frequenti proprio nei primi metri in quanto è qui che si verifica il maggior sbalzo pressorio: com’è noto, passando dalla superficie a –10 metri, la pressione aumenta da 1 a 2 atmosfere, cioè raddoppia, mentre se ad esempio andassimo da 20 a 30 mt., si passerebbe da 3 a 4 atm., con un differenziale di incremento della pressione decisamente inferiore.

Per evitare queste complicanze le regole da seguire sono veramente semplici e ben note: compensare spesso, fin dalla superficie, controllando la velocità di discesa che deve comunque essere piuttosto lenta, risalendo di qualche metro ai primi sintomi ed interrompendo l’immersione qualora i disturbi persistessero, risalire molto lentamente guardando verso l’alto e non trattenere mai il respiro durante tutto il corso dell’immersione.

Infine, anche il tanto paventato rischio di rimanere senz’aria a causa di un qualsiasi malfunzionamento dell’attrezzatura, di eccessive e non previste tappe di decompressione o di semplice dimenticanza nel controllo del manometro, entro i 18 mt. appare senz’altro molto meno drammatico che non oltre i 30.

Continua…

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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