IMMERGERSI OLTRE I 40…ANNI (Prima parte)

Coloro che hanno ormai varcato la soglia degli “anta” si saranno man mano accorti, chi più chi meno, chi un po’ prima chi poco dopo, che qualcosa piano piano sta cambiando nelle proprie performances…. Dopo una nottata di bagordi, ci si accorge che i tempi di recupero si allungano, una notte in bianco la si paga con un bel mal di testa ed un senso di intontimento il giorno dopo, si incominciano ad avvertire i primi acciacchi, le ferite tardano a rimarginarsi, un pasto un tempo normale si trasforma adesso in un chilo in più sulla bilancia, un po’ di movimento ci lascia i muscoli doloranti per qualche giorno. Pur non avendo la definita sensazione di stare invecchiando, già si incomincia ad avvertire che i 20 anni sono ormai passati e bisogna fare i conti con tutta una serie di adattamenti del nostro corpo (anche se nella mente restiamo sempre più che giovani) al passare del tempo.

Se in superficie ci siamo accorti di alcuni cambiamenti, viene logico domandarsi se e quanto l’avanzare dell’età possa influire sul nostro essere subacquei, se esistono dei limiti o delle controindicazioni alla subacquea per coloro che proprio giovani giovani non sono più. In effetti, sappiamo che viene consigliato un minimo di età (12 anni) per iniziare l’attività subacquea, in quanto le “silent bubbles” potrebbero teoricamente compromettere il flusso di sangue a livello delle cartilagini di accrescimento delle ossa, mentre un limite di “anzianità” oltre il quale interrompere le immersioni non viene, per nostra fortuna, ancora segnalato. Personaggi notissimi, pionieri della subacquea, continuano ad immergersi anche dopo aver superato gli 80 anni ed in effetti una limitazione assoluta in realtà non esiste, se non quella normalissima di essere in buone condizioni di salute soprattutto per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare e respiratorio. Tuttavia le modificazioni che incorrono nel corso degli anni e che incidono sul nostro fisico vanno tenute ben presenti quando si svolge l’attività subacquea poiché superati i 40 anni possono instaurarsi delle condizioni che non impediscono di immergersi ma che sicuramente consigliano di porre un po’ più di attenzione di quanto si facesse in precedenza e di attuare qualche accorgimento per limitare i rischi.

Malattia da decompressione e fattori di rischio

Tutti sanno, dopo aver frequentato il corso di base, che una delle condizioni predisponenti alla malattia da decompressione è l’età, nel senso che più si invecchia, maggiore è la possibilità di formare bolle di azoto nell’organismo. In effetti, alcuni studi condotti con la metodica Doppler dopo immersioni eseguite a 27 mt. di profondità hanno evidenziato una maggior frequenza della presenza di bolle intravascolari in soggetti che avevano oltre 40 anni rispetto a quelli più giovani. Come mai questo accada si può spiegare valutando diversi meccanismi. Ad esempio, con l’aumentare dell’età si verifica una riduzione del flusso sanguigno ai muscoli, con conseguente ritardo nello smaltimento dell’azoto assorbito; in concomitanza sembra vi sia una maggiore possibilità di formare nuclei di bolle a livello delle cartilagini articolari che con l’età incominciano ad andare incontro ad un lento ma graduale processo degenerativo. Inoltre, a livello polmonare, si verifica un rallentamento degli scambi gassosi (problema riscontrato maggiormente nei fumatori e/o comunque in persone costrette a convivere con l’inquinamento delle grandi città) che anche in questo caso ha come conseguenza un rallentamento nel processo di smaltimento dell’azoto. Infine, pur senza voler parlare di una vera e propria situazione di obesità, spesso nel tempo si verifica un aumento ponderale conseguenza di un metabolismo un po’ più rallentato, di scorrette abitudini alimentari e soprattutto di una riduzione dell’attività fisica: il grasso, com’è noto, assorbe facilmente l’azoto e lo rilascia più lentamente rispetto ad altri tessuti, quindi il suo incremento percentuale comporta la comparsa di un ulteriore fattore di rischio. Tutto questo non vuol dire che una volta superata la soglia dei 40 anni immergersi diventa “pericoloso”, ma semplicemente che forse sarebbe il caso di cominciare a mettere in atto una certa cautela. I dati pubblicati relativi al numero ed alla gravità degli incidenti subacquei con comparsa di sintomi di MDD in questa classe di età non sono univoci; adeguate casistiche hanno riscontrato una tendenza ad un maggior numero di incidenti in persone oltre i 45 anni, tuttavia bisogna anche tenere presente che nel contempo è molto aumentato il numero di persone che si immergono a questa età. In ogni caso, per maggior sicurezza, viene raccomandata una maggior attenzione al profilo di immersione per i subacquei meno giovani, considerando positivo il fatto di ridurre del 10% il limite del tempo di non decompressione per ogni 10 anni di età una volta superata la soglia dei 30 anni e/o di iniziare ad utilizzare il Nitrox ma calcolando i tempi di immersione come se si stesse impiegando l’aria (vedi l’articolo: “Nitrox, alcune notizie al riguardo”, nella sezione “Didattica”).

Esercizio fisico

Una volta tanto, finalmente almeno in questo caso, tutti gli studiosi sono unanimemente concordi nell’affermare come il mantenimento di una buona forma fisica sia fondamentale per l’attività subacquea, ed ovviamente non solo per questa. Altrettanto vero è che, con il passare degli anni, vi è la comune tendenza a ridurre, principalmente per fattori sociali e culturali, l’esercizio fisico; la mancanza di tempo è di solito la scusa più diffusa, ma in genere è più la pigrizia mentale che ci impedisce di partecipare ad una regolare attività sportiva. Sebbene sia normale che un certo declino delle capacità fisiche si verifichi con l’aumentare dell’età, non è ben chiaro quanto questo dipenda fondamentalmente dai fisiologici processi di invecchiamento e quanto debba invece essere anche imputato ad una mancanza di costante allenamento. Sicuramente vero è invece il detto “non è mai troppo tardi”… anche per iniziare di nuovo a tenersi in forma, pianificando un programma di esercizi allo scopo di rallentare gli effetti dell’età sulla muscolatura, le articolazioni ed anche sulle performances cardiache e respiratorie. Se è passato parecchio tempo da quando ci si muoveva un po’ di più e ci si sente ormai totalmente fuori allenamento, è bene iniziare con un’attività poco impegnativa ed aumentarla poi solo gradualmente, evitando sforzi eccessivi che non giovano ed anzi potrebbero essere controproducenti, in modo da rimettersi in movimento senza pretendere troppo dalla propria attuale condizione, evitando così possibili strappi muscolari o, peggio ancora, di sovraccaricare il sistema cardiocircolatorio. Ad esempio, si potrebbe decidere di effettuare un programma di esercizi della durata di 30 min., possibilmente preceduto da 5 minuti di riscaldamento e seguito da un adeguato periodo di recupero prima di passare ad altre attività, almeno tre volte alla settimana. Dopo l’esercizio non bisognerà dimenticarsi di reidratarsi adeguatamente, soprattutto nei periodi più caldi dell’anno. Essere in allenamento è uno dei modi migliori per godersi meglio anche l’immersione: si eviterà di andare incontro ad affanno al minimo sforzo per contrastare una corrente o per raggiungere il gruppo, sfuggendo alla comparsa di fastidiosi crampi e soprattutto si impedirà al sistema cardiovascolare di essere messo all’improvviso in condizioni di stress eccessivo.

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About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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