ACQUA IN BOCCA!!! Ultima parte: Fisiopatologia e clinica

Tramonto Halaveli annegam.La causa che conduce alla morte, in caso di annegamento, è sicuramente l’ipossia, sia che la vittima abbia aspirato il liquido in cui è verificato l’evento, sia che ciò non sia avvenuto.

Nel 10/15% dei casi di pre-annegamento, infatti, non si riscontra aspirazione di fluidi; in queste condizioni la prognosi è in genere migliore, in quanto nelle vittime l’ipossia perdura solo per il periodo dell’immersione stessa.

Con l’aspirazione di acqua salata, invece, si pensa che il fluido iper-osmotico possa causare la trasudazione di liquidi negli alveoli e che inoltre l’ispirazione di micro-organismi di origine sia animale che vegetale causi poi un essudato reattivo. Come risultato finale gli alveoli risultano edematosi e non possono quindi ventilare.

Nel caso di acqua dolce pare che il surfactante venga rimosso dal polmone, causando aree di collasso alveolare (il surfactante è un composto fosfolipoproteico tensioattivo secreto dalle cellule alveolari; la sua presenza impedisce il collasso degli alveoli più piccoli e l’eccessiva espansione di quelli più grandi, aumenta la compliance polmonare, che è la capacità del polmone di variare il proprio volume quando viene applicata una determinata pressione e previene l’atelettasia, cioè il collasso del polmone alla fine dell’espirazione).

In passato si riteneva che un ulteriore danno provenisse in seguito ad alterazioni elettrolitiche secondarie all’aspirazione, ma questa ipotesi non è mai stata pienamente confermata se non in soggetti annegati nel Mar Morto, dove la concentrazione salina è molto più elevata che negli altri mari.

Vi è invece sicuramente un aumento della pCO2 ed una rapida comparsa di acidosi, che va trattata in concomitanza con l’ipossia.

Fasi dell’annegamento

Il processo di annegamento interviene per stadi:

  • Durante la prima fase la vittima, in superficie, tenta di mantenere la testa fuori dall’acqua con movimenti inadeguati che determinano una perdita di galleggiamento mentre continua ad iperventilare;
  • Nella seconda fase, con la sommersione, inizia un’apnea riflessa e, dopo 1-3 minuti, il consumo dell’ossigeno inalato ed il conseguente accumulo di anidride carbonica provocano il riflesso respiratorio.

A questo punto la vittima, anche se incosciente, inizia automaticamente ad

ingoiare acqua nel tentativo di impedire l’aspirazione polmonare;

  • Nella terza fase, divenuto più’ impellente lo stimolo a respirare, cessa la deglutizione riflessa ed inizia l’inspirazione di liquido.

Le funzioni cerebrali e cardiache, in seguito all’ipossia, divengono sempre più depresse fino a cessare completamente.

Prognosi

Per la prognosi diventa molto importante poter stabilire quando la vittima è stata vista respirare l’ultima volta: la respirazione subacquea ha inizio dopo 3-4 minuti pertanto, se la vittima viene tratta fuori dall’acqua entro questo tempo, la rianimazione ha buone probabilità di successo. Nei successivi 3-4 minuti la profonda ipossia porta all’arresto cardiaco, ma possono trascorrere ancora 4-6 minuti prima che intervenga un danno cerebrale irreversibile.

La possibilità’ di recupero può quindi avvenire non oltre il 12° minuto di sommersione, tranne in quei casi eccezionali in cui l’annegamento si verifichi in acque molto fredde (al di sotto dei 18° C.). A questa temperatura, infatti, si può innescare un tipico riflesso di immersione presente in tutti i mammiferi e quindi in qualche misura anche nell’uomo, in grado di provocare, in seguito all’esposizione del viso (fronte e narici) all’acqua fredda, una ridistribuzione ematica dagli organi periferici (visceri, cute, muscoli) verso il centro (cervello, cuore, polmoni) con bradicardia associata (del 10-30% rispetto ai valori iniziali) ed ipoventilazione. L’ipotermia è inoltre in grado di per sé di rallentare il circolo ed il metabolismo mentre il cervello, a queste temperature, necessita di una quantità di O2 inferiore; l’ossigeno disponibile, quindi, è in grado di soddisfare per tempi maggiori il fabbisogno dell’organismo. Non appena il volto della vittima riemerge tale riflesso cessa. Pertanto, quando possibile, è preferibile iniziare la respirazione artificiale già in acqua. Quanto questo tipo di “protezione” perduri nel tempo non è al momento ancora noto, ma la RCP (Rianimazione Cardio-Polmonare), in taluni casi, è raccomandata anche dopo periodi di sommersione di un’ora. Tentativi perpetrati dopo intervalli maggiori non hanno in genere sortito esiti positivi.

rianimazione-cardiopolmonare-blsd-basic-life-support-defibrillationTrattamento

La prima fase consiste, ovviamente, nel recupero dell’annegato avendo cura di mantenere la testa fuori dall’acqua e praticando la respirazione artificiale.

Una volta a riva o in barca, si continua la rianimazione attivando quanto prima la richiesta di ulteriori soccorsi.

Se la vittima presenta arresto cardiaco, questo va trattato al più presto mediante massaggio cardiaco, mentre si organizza il trasporto in ambiente ospedaliero; in caso di vomito il paziente va posto su di un fianco per evitarne l’inalazione nei polmoni.

Appena possibile va somministrato ossigeno al 100%; in ambiente ospedaliero andrà praticata l’intubazione endotracheale, che rimane il metodo più adatto per stabilire le vie aeree, e quindi va corretta con bicarbonato l’acidosi, sempre presente se vi è stata inspirazione di liquidi, spesso necessario in dosi molto maggiori rispetto ai casi in cui l’acidosi è secondaria ad arresto cardiaco da patologie coronariche.

Successivamente vanno inoltre corretti eventuali squilibri emodinamici (in genere ipotensione), l’ipotermia e l’edema polmonare. La comparsa di infezione polmonare va trattata con antibiotici il cui impiego a scopo preventivo è peraltro sconsigliato.

Le vittime di annegamento possono inoltre presentare edema cerebrale, va pertanto attentamente monitorata la pressione endocranica e, all’occorrenza, vanno prontamente corretti gli eventuali incrementi.

Se la vittima ha respirato aria compressa (immersione con ARA), bisogna considerare la possibilità di Patologia Da Decompressione (MDD o EGA, embolia gassosa arteriosa) e trasferire il paziente alla più vicina camera iperbarica.

I soggetti vittime di annegamento o pre-annegamento vanno tenuti in ogni caso sotto osservazione per 24 ore per poter prevenire o trattare le eventuali complicanze (polmonite, insufficienza renale acuta, aritmie, coagulazione intravascolare diffusa).

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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