MDD e Ricompressione Terapeutica

Una frase ormai famosa nell’ambito della subacquea riporta che “per essere sicuri al 100% di non avere mai problemi di Malattia da Decompressione (MDD) ci sono solo due sistemi: o non andare mai sott’acqua oppure, una volta immersi, non tornar più fuori”.
Senza dover necessariamente giungere a queste drastiche conclusioni, occorre tener presente che una buona preparazione di base, il corretto uso di tabelle e computer e le odierne conoscenze mediche sulle problematiche connesse alla respirazione di aria compressa sono oggi in grado di ridurre enormemente la possibilità di insorgenza di sintomi di MDD.
Ma se, nonostante ciò, dovesse capitare…
Le tabelle di ricompressione
Agli inizi del ‘900 sorsero numerose scuole di pensiero in disaccordo tra loro su come fosse meglio trattare, tramite la ricompressione terapeutica, un subacqueo affetto da MDD e fu solo dopo più di mezzo secolo di incerti risultati che, verso la metà degli anni ’40, la U.S.Navy iniziò la raccolta sistematica dei dati relativi a questo tipo di terapia e poco dopo pubblicò la prima serie di tabelle per la ricompressione in camera iperbarica (le US Navy air recompression table 1-4).
Queste tavole erano veri e propri schemi di trattamento per ottenere, dopo una rapida ricompressione, una successiva lenta e progressiva decompressione.
Esse seguivano a grandi linee il principio secondo il quale il subacqueo dovesse ritornare a una profondità tale da ottenere una riduzione della sintomatologia e maggiorarla poi di un’atmosfera, fino ad un massimo di 6 atm.
La tabella più breve (la 1A) richiedeva poco più di 6 ore di terapia, mentre la 4A arrivava fino a 38 ore ed era per questo particolarmente impopolare tra i subacquei dell’epoca che non gradivano l’estrema lunghezza del trattamento.
Come miscela respiratoria inizialmente veniva utilizzata l’aria, ma presto venne aggiunto l’ossigeno durante la permanenza alle tappe a bassa profondità secondo il principio che, essendo la MDD dovuta alla respirazione di azoto, l’ulteriore assunzione di questo gas prolungasse necessariamente i tempi di ricompressione.
In seguito si scoprirà che l’utilizzo dell’ossigeno ha numerosi altri motivi per essere usato in questa indicazione, tant’è che oggi ne viene assolutamente consigliata la somministrazione già alla comparsa dei primi sintomi… ma torniamo ancora un po’ indietro nel tempo.
Le tabelle 1-4 furono utilizzate con successo per oltre vent’anni tuttavia intorno agli anni Sessanta, con la diffusione della subacquea in ambito non strettamente militare, si verificarono numerosi insuccessi terapeutici in quelle persone che, spesso autodidatte, non osservavano minimamente i limiti e le regole imposte dalle tabelle di decompressione.
Così, nel 1967, venne ripreso in considerazione l’impiego dell’ossigeno a bassa pressione come modalità primaria di trattamento della MDD e furono pubblicate le tabelle 5 e 6.
Nello stesso periodo furono studiate delle apposite tabelle (5A e 6A) per il trattamento dell’embolia gassosa arteriosa (EGA), tabelle che prevedevano ridotti tempi di trattamento (135 minuti per la 5 e 285 per la 6) ed una massima profondità di 60 piedi (circa 20 mt.), con buoni risultati iniziali.
Purtroppo però, l’insorgenza di ricadute con l’impiego delle tabelle più “brevi” (la 5 e la 5A), resero ben presto obsoleti questi schemi di terapia mentre fu introdotta un’apposita tabella, la 7, proprio per i casi irrisolti.
Lo schema di trattamento della MDD rimane uno degli argomenti ancora controversi nell’odierna medicina; pur rimanendo indiscussa l’indubbia efficacia della ricompressione, variano caso per caso le scelte riguardanti la massima profondità iniziale richiesta, la miscela di gas da utilizzare, il profilo tempo-pressione di trattamento, l’eventuale impiego di farmaci durante la permanenza in camera iperbarica.
Continua…

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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