I Barotraumi – altri spazi aerei (ultima parte)

Altri spazi aerei

In caso di congestione della mucosa nasale dovuta a raffreddore, sinusite o allergie, con conseguente ostruzione anche solo parziale dei canalicoli di collegamento tra i seni e la cavità nasale, nel corso della discesa possono verificarsi barotraumi a livello degli spazi aerei del cranio e cioè nei seni paranasali (soprattutto quelli frontali e mascellari).

Il seno frontale è quello più frequentemente coinvolto, anche perché il suo condotto è il più lungo e tortuoso; non è infrequente, pertanto, la comparsa di dolore in mezzo agli occhi cui si associa, in circa il 50 per cento dei casi, epistassi (fuoriuscita di sangue dal naso).

Per tutto ciò, oltre che per i già citati problemi all’orecchio, è meglio non immergersi quando si è raffreddati, così come è sempre sconsigliato, prima dell’immersione, utilizzare farmaci decongestionanti sia perché i principi attivi in essi contenuti potrebbero irritare le mucose e non sortire particolari benefici, sia per la durata dell’effetto decongestionante che, se breve, potrebbe provocare problemi di blocco inverso nel corso della risalita.

Un altro importante spazio aereo che deve essere compensato, mediante l’esalazione di aria dal naso, è esterno al nostro organismo ed è quello della maschera.

Il più delle volte questa operazione viene fatta spontaneamente, in maniera del tutto automatica, ma è sempre bene ricordarsene soprattutto se si utilizzano maschere dal profilo alto, quelle cioè dotate di lenti aggiuntive laterali o inferiori per consentire un angolo di visuale maggiore, in quanto, essendo ovviamente maggiore la quantità d’aria in esse contenuta, questa va compensata con più attenzione.

Si eviterà così il famoso “effetto ventosa”, che ha come conseguenza arrossamento del viso e piccole emorragie sottocutanee a livello sia della congiuntiva dell’occhio che dei tessuti circostanti.

I sintomi non sono assolutamente gravi o dolorosi, ma soltanto antiestetici e generalmente regrediscono spontaneamente in breve tempo.
Anche le vertigini possono essere in agguato!

Una discesa troppo veloce può essere causa di altri tipi di disturbi, fortunatamente transitori qualora non siano intervenuti danni tissutali all’orecchio medio, e relativi all’eccessivo sbalzo di temperatura, soprattutto quando ci si imbatte in termoclini non molto profondi.

Molto frequentemente, infatti, può capitare che, a causa di un cappuccio alquanto stretto, un po’ d’acqua proveniente dagli strati più superficiali e quindi calda rimanga intrappolata in un orecchio; essa, al contatto con la nostra pelle si riscalda ancor di più, mentre nell’altro orecchio filtra l’acqua ben più fredda degli strati più profondi.

La differenza di temperatura percepita dalle due membrane timpaniche può essere causa di vertigini anche di elevata entità, ma fortunatamente di carattere transitorio.

Il più delle volte è infatti sufficiente allargare un po’ il cappuccio e far circolare l’acqua per ristabilire prontamente l’equilibrio di temperatura e, con esso, quello sensoriale e spaziale.

Le vertigini possono comparire anche a causa di una differenza di pressione tra un orecchio e l’altro: in caso di piccole congestioni, infatti, una manovra di compensazione troppo forzata potrebbe condurre come risultato all’apertura di una soltanto delle trombe di Eustachio, determinando cosi la compensazione di un solo orecchio.

E’ bene, in ogni caso, avvisare i compagni dei sintomi di vertigine in corso e, se essi persistono nonostante si sia provveduto a ristabilire l’equilibrio tra le due orecchie, si renderà necessario iniziare una lenta risalita facendosi accompagnare fuori dall’acqua.

Un’altra causa di vertigini di discreta entità potrebbe derivare da un certo senso di disorientamento che si avverte in acqua in mancanza di riferimenti soprattutto quando non si è particolarmente esperti, ed ecco quindi un motivo in più per effettuare le nostre discese lentamente e preferibilmente con una cima, una parete o il compagno d’immersione stesso, che oltretutto ci forniscono anche un sistema visivo di controllo della velocità di discesa.

Ancor più importante, poi, diventa l’utilizzo di un riferimento nella discesa in caso di immersioni notturne o con scarsa visibilità, onde evitare di ritrovarsi sconcertati sott’acqua.

Una valida alternativa alla cima, soprattutto in caso di discese nel blu con la barca che segue le bolle dalla superficie, può rivelarsi quella di scendere in posizione frontale rispetto al proprio compagno d’immersione, tenendo d’occhio anche il profondimetro per poter rallentare in caso di eccessiva velocità, magari questa volta causata non da una eccessiva zavorra o dalla nostra fretta di raggiungere il fondo, ma da una corrente discendente.

Abbiamo visto, quindi, che la fase della discesa è anch’essa un momento molto importante delle nostre immersioni, poiché errori in questa fase potrebbero portare a problemi fisici di una certa entità.

Senza voler eccessivamente drammatizzare, in quanto i casi di danni permanenti sono davvero alquanto rari e successivi ad errori gravi o reiterati, l’abitudine di adottare qualche semplice attenzione come quella di evitare eccessiva zavorra , di iniziare a compensare il prima possibile con manovre non forzate e più frequenti, l’utilizzare un riferimento e soprattutto quello di provare a controllare la propria velocità di discesa ci saranno di valido aiuto per immergerci meglio, senza stress e per evitare fastidiose seccature ai seni frontali, alle orecchie ed al nostro senso dell’orientamento.

About Sergio Discepolo

Giornalista pubblicista, Underwater photographer, filmaker, freelance. Un passato (lontano) da Marketing Manager nel settore farmaceutico, poi una vita dedicata al mare o, meglio, il mare che mi ha fatto vivere la vita...

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